Documento di Consensus sull’Omeopatia

A cura della Federazione Italiana Associazioni e Medici Omeopatici (FIAMO),
della Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata (SIOMI)
e della Società Medica Bioterapica (SMB)
Definizione e cenni storici

L’Omeopatia, dal greco “Omoios” (simile) e “pathos” (sofferenza), è un metodo di cura che utilizza medicinali a dosi estremamente diluite o infinitesimali basandosi sull’applicazione del principio di similitudine. E’ un metodo clinico terapeutico la cui base dottrinale è la “legge dei simili”, formulata da Hahnemann nel 1796 in seguito alla scoperta dell’effetto bifasico dei medicinali: “La maggior parte delle medicine ha più di un tipo di azione, l’ultima di solito è l’esatto opposto della prima” .
In una certa fase della sua vita Hahnemann tradusse la Materia Medica di uno studioso inglese, William Cullen, con cui dissentiva circa il meccanismo d’ azione della corteccia di Cinchona (che dette vita al rimedio omeopatico “China”). Questo medicinale veniva impiegato contro la malaria, che allora era ancora endemica in Europa. Lo stesso Hahnemann ne era stato affetto e conosceva molto bene la sintomatologia. Nel leggere il lavoro di Cullen, Hahnemann fu molto colpito e decise di condurre un esperimento stupefacente: decise di assumere personalmente il medicinale, secondo una modalità in uso quel tempo. Condusse quindi con meticolosità la stessa procedura anche su altre persone con gli stessi analoghi risultati : tutti avvertivano i sintomi di uno stato febbrile simile a quello che la Cinchona era in grado di trattare. Per deduzione logica Hahnemann fu guidato verso il seguente principio: “La Cinchona che provoca la febbre causa nei soggetti sani uno stato simil-febbrile”.
Confortato dalla costanza dei risultati , egli gettò le basi, sia a livello logico che intuitivo, del principio della Legge di Similitudine: “il simile cura il simile”. Tale affermazione combacia con quella di Ippocrate, padre della moderna medicina, fondata su due postulati, “Contraria contrariis curentur” e “Similia similibus curentur”, per cui le sostanze possono curare sia a dosi ponderali che a basse dosi, naturalmente con meccanismi opposti. Il razionale della “legge dei simili” è nel concetto di Salute e di Malattia: la prima considerata uno stato di equilibrio dell’energia vitale che mantiene, nell’uomo sano, l’armonia dell’organismo e il suo adattamento all’ambiente; la seconda come un’alterazione della forza vitale, indotta da una causa esterna, che si esprime attraverso il linguaggio dei sintomi, che sono la manifestazione clinica di una reazione biologica dell’organismo, che invia un segnale di allerta al fine di attivare le difese immunitarie.
Il sintomo dunque definisce nosologicamente la malattia ma è la reazione alla malattia, per tale motivo non va soppresso ma potenziato, somministrando al malato dosi diluite e dinamizzate di sostanze vegetali, animali o minerali capaci di provocare, a dosi ponderali nell’uomo sano, manifestazioni simili ai sintomi presentati dal malato, al fine di promuovere il recupero dell’equilibrio omeostatico, secondo modalità biotipologiche individuali.
La visita medica omeopatica è volta infatti ad indagare non solo la natura della malattia ma anche la sua “causalità” e le sue “modalità”. Con causalità si intendono le circostanze ambientali, fisiche e psicologiche che possono aver influenzato la comparsa della malattia mentre per modalità si intende il modo individuale di reagire ai sintomi. Nei primi anni del 1800, per opera di Hahnemnann e dei suoi collaboratori, l’Omeopatia si diffuse in tutta l’Europa, successivamente anche nelle Americhe. All’inizio del 1900 le scoperte scientifiche, con lo sviluppo di terapie antisettiche, diedero prorompente impulso alla medicina, affermando così la moderna medicina occidentale basata sui principi del “contraria contraris curentur” ed in buona parte del mondo l’utilizzazione della medicina omeopatica fu ridimensionata fin quasi a scomparire. Negli anni ’60 del secolo scorso questo pensiero medico è stato nuovamente riconsiderato e rivalutato in tutto il mondo, tanto che l’Omeopatia è stata integrata nel servizio sanitario nazionale di molti paesi (Svizzera, Germania, Regno Unito, Messico, India, Pakistan, e molti altri).

Principi teorici

L’Omeopatia utilizza un approccio per diagnosticare, classificare e curare le malattie differente da quello utilizzato in Medicina Accademica. In Omeopatia il presupposto metodologico è che ogni individuo abbia un’energia definita forza vitale intesa come risposta di auto guarigione. Il trattamento omeopatico è strettamente individualizzato. Gli Omeopati selezionano il medicinale più adatto al paziente in accordo con una fotografia totale del malato e considerando per ciascun individuo non soltanto i sintomi di malattia ma anche lo stile di vita, gli aspetti emozionali, comportamentali e ogni altro fattore utile ad inquadrare non solo la malattia bensì l’intero individuo ammalato. Poiché il farmaco omeopatico cura l’individuo malato e non la malattia in quanto tale, la prescrizione del farmaco risulta estremamente personalizzata

La medicina Omeopatica praticata da medici esperti segue due scuole di pensiero:

  • OMEOPATIA UNICISTA o CLASSICA: prevede la somministrazione di un unico medicinale omeopatico alla volta, detto rimedio costituzionale o simillimum, rivolto al trattamento del paziente nel suo complesso e capace di coprire tutti i sintomi presentati in quel momento da quel paziente nella sua individualità. Nel tempo e seguendo l’andamento clinico il rimedio costituzionale o simillimum può cambiare (rimedio che segue bene).
  • OMEOPATIA PLURALISTA o CLINICA: nell’approccio pluralista oltre al medicinale selezionato con i rigorosi criteri epistemologici omeopatici e dunque simile al paziente nella sua globalità (simillimum), possono contemporaneamente essere aggiunti nella terapia uno o più medicinali unitari cosiddetti sinergici, rivolti a curare i sintomi acuti specifici della malattia in corso.

Tra le terapie omeopatiche va considerata anche la cosiddetta Omeopatia Complessista la quale, rivolgendosi alla malattia e non al malato nella sua individualità, non segue le regole dettate dall’Omeopatia ma propone una cura sintomatica delle malattie utilizzando formulazioni complesse costituite da più medicinali omeopatici in basse diluizioni. A questo scopo esistono in commercio in tutto il mondo preparati registrati come specialità OTC, contenenti molti medicinali omeopatici in formule predeterminate dai produttori e consigliate per la cura sintomatica di molte patologie. Per l’utilizzo dei complessi omeopatici non è necessaria al prescrittore una preparazione specifica in omeopatia.

Tutti i medicinali omeopatici sono preparati da diluizioni della sostanza di origine, detta ceppo. I medicinali omeopatici contengono quantitativi via via decrescenti di molecole della sostanza originaria tanto che, superate alcune diluizioni (12 ch), il reperimento di molecole della sostanza di partenza è ritenuto improbabile (diluizioni superiori al numero di Avogadro). Durante questo processo di diluizione i medicinali subiscono anche una costante dinamizzazione. Tale dinamizzazione è ritenuta essenziale per l’efficacia del medicinale, ipotizzando che sia in grado di indurre nuovi legami fisici, chimici e/o elettromagnetici capaci di assicurare la persistenza di un effetto terapeutico anche a diluizioni ultramolecolari.

Le tecniche di preparazione dei medicinali omeopatici sono tre, indicate dopo il nome latino della sostanza di partenza con un numero che corrisponde al numero di diluizioni e dinamizzazioni ed una sigla che indica la metodica usata.

Metodo Hahnemanniano (DH o CH)
Belladonna 5 CH = 5 (quinta diluizione) C (centesimale) H (secondo il metodo Hahnemanniano)

Metodo Korsakoviano (K)
Belladonna 200 K = 200 (duecentesima diluizione) K (secondo il metodo Korsakoviano)

Metodo delle diluizioni cinquantamillesimali Hahnemanniane (LM)
Belladonna 6/LM = 6 (sesta diluizione) LM (cinquantamillesimale)

Dagli studi condotti inizialmente da Hahnemann, emergono i principi della Medicina Omeopatica di seguito descritti.

LEGGE DI SIMILITUDINE
La legge di similitudine è la base fondamentale dell’Omeopatia, è il sostegno sul quale si è costruita tutta una dottrina ed una pratica terapeutica. Essa recita così: “ vengono utilizzate, a scopo terapeutico, estratti di sostanze che sono in grado di procurare nei soggetti sani, a dosi tossiche, gli stessi disturbi che curano a dosaggi molto ridotti nei soggetti malati”. Ad esempio, si utilizza il veleno dell’ape diluito per curare le manifestazioni allergiche simili ai fenomeni prodotti da una puntura d’ape (orticaria, gonfiore alle labbra, allergie da contatto, ecc.). Hahnemann enuncia così la legge di similitudine: “similia similibus curentur”, creando un metodo clinico- terapeutico basato sulla legge di similitudine al quale dà il nome di Omeopatia.

VIS VITALIS (“Forza Vitale”)
Per Hahnemann, la malattia è l’espressione dello squilibrio o del disordine di quella struttura dell’individuo che egli chiama Forza Vitale, o Energia Vitale o Dynamis. Per l’omeopata dunque, i sintomi non sono solo la malattia ma anche l’espressione del meccanismo di difesa di ognuno di noi nei confronti della noxa patogena. Ognuno affronta la malattia in un modo diverso ed è su questa diversità che viene improntata la scelta del rimedio. I diversi rimedi che verranno adoperati devono quindi essere “simili” alla malattia di quel malato; la sensibilità di un individuo però potrà essere differente e quindi influenzare l’efficacia del rimedio. E’ inoltre importante anche stabilire a quale grado di “potenza” (diluizione) somministrare il rimedio specifico per quel determinato malato, affinchè egli possa avere un beneficio maggiore e nello stesso tempo una minore reazione negativa.

SPERIMENTAZIONE PURA SULL’UOMO SANO
Hahnemann è uno dei primi medici che realizza sperimentazioni in serie, comprova ripetutamente l’esattezza delle sue esperienze mediante l’osservazione dei sintomi che vengono prodotti nell’uomo sano, caratteristici per ogni medicamento. L’Omeopatia impiega il medicamento capace di provocare nell’uomo sano uno stato similare nella sintomatologia a quello che si va a trattare nel malato. Ancora oggi viene utilizzata questa metodologia sperimentale per testare nuove sostanze omeopatiche (o nuove patologie per una sostanza omeopatica già in uso). L’insieme delle varie patogenesi costituisce la Materia Medica omeopatica, raccolta completa della farmacologia omeopatica. E’ la raccolta dei sintomi, ossia dei mutamenti fisici e del comportamento di individui sani determinati dall’azione di sostanze farmacologicamente.

DILUIZIONE E SUCCUSSIONE (DINAMIZZAZIONE)
Come si è detto, l’Omeopatia è basata sulla legge dei simili e sull’uso di dosi relativamente deboli o infinitesimali. Hahnemann, conoscitore anche della chimica, ha codificato con precisione le operazioni successive da effettuare, mettendo in evidenza un elemento fondamentale che ha chiamato dinamizzazione. La dinamizzazione consiste nel far seguire ad ogni operazione di diluizione un numero preciso di succussioni o agitazioni. Le diluizioni hahnemanniane si effettuano dunque con operazioni successive di “divisione” del ceppo in un veicolo in proporzione di 1:100 (CH) o di 1:10 (DH), intercalate ognuna da una “dinamizzazione”. Il metodo che egli mise a punto a questo scopo è seguito ancora ai nostri giorni: esso è il metodo della potentizzazione dei rimedi , cioè della riduzione della concentrazione della sostanza terapeutica con simultanea dinamizzazione. Esistono anche altri due tipi di tecnica di preparazione del medicinale omeopatico: le preparazione korsakoviane (K) e le cinquanta millesimali (L).

INDIVIDUALIZZAZIONE DEL MALATO E DEL RIMEDIO
“L’Omeopatia risulta assolutamente incompatibile senza la massima individualizzazione”, segnala Hahnemann nell’Organon della medicina e questo è un’autentica realtà; egli diceva: “Non si curano malattie se non malati”. La legge dell’Individualizzazione è stata applicata fin dalla medicina ippocratica. Tuttavia essa è stata sistematizzata da Hahnemann. Essa recita così:‘La prescrizione omeopatica richiede la individualizzazione del malato in concordanza con la totalità dei sintomi che lo caratterizzano, d’accordo can la individualizzazione del rimedio. Gli omeopati hanno quindi da sempre svolto ricerca clinica per approfondire attraverso i proving le conoscenze degli effetti dei medicinali, primo esempio di ricerca sistematica degli effetti dei medicinali sull’individuo sano. La sperimentazione sul sano consente di definire l’effetto del medicinale in modo fine e dettagliato, comprendendo tutte le manifestazioni che una certa sostanza è in grado di produrre, evidenziando così diversi quadri sintomatologici caratteristici di diversi medicinali. I sintomi sono l’espressione di una attivazione/inibizione di determinati sistemi coinvolti nella malattia, per intervenire sui quali si utilizza quel medicinale che nel sano provoca gli stessi sintomi, così da rendere reversibile il processo, se possibile verso la guarigione. L’omeopatia si pone quindi come frontiera della farmacologia, nella visione della malattia come disordine sottile, complesso, sistemico e dinamico, sfruttando il principio del “simile”.

Meccanismo d’azione

Tuttavia, quando l’omeopatia utilizza medicinali in alte diluizioni sembra contraddire il modello biochimico-molecolare: infatti in un farmaco omeopatico, poche o nessuna molecola di medicinale sono presenti, ma dalle ricerche scientifiche attuali emerge una nuova visione della materia e della vita, più compatibile con il suo meccanismo d’azione. Il principio di similitudine si riconduce al principio della “inversione degli effetti”: i vari stimoli farmacologici possono determinare su un sistema omeostatico complesso effetti inversi o paradossali qualora siano modificati dose, modalità di preparazione e di somministrazione dei farmaci, o la sensibilità e suscettibilità dello stesso sistema trattato. I principi di base omeopatici sono coerenti quindi con la comunicazione biologica a livello cellulare e molecolare ed il riconoscimento della funzione di enzimi, recettori e trasduzione del segnale e la loro interazione dinamica con farmaci, permette di osservare l’omeopatia sotto una luce nuova dotata di plausibilità scientifica. (Bellavite, Homeopathy, 2015 Apr, 104 (2), 139-160).
Negli ultimi anni una base scientifica di sviluppo riguardo al meccanismo d’azione del medicinale omeopatico è stata concretamente espressa dai moderni studi sul fenomeno dell’ormesi già indagato alla fine del 1800 da Arndt e Shulz, autori delle Legge di Arndt-Shulz che fu ridefinita come ormesi. Tale termine, che origina dal greco ορμαω (stimolare, da cui ormone) fu proposto nel 1943 da due tossicologi Southam e Ehrlich per descrivere l’effetto stimolatorio di concentrazioni sub- inibenti della crescita attraverso bassi livelli di inibitori della crescita stessa. Si deve al Prof Edward Calabrese, del’Università di Amherst (Massachusetts) la piena accettazione del fenomeno dell’ormesi ad opera della comunità scientifica convenzionale in tutto il mondo. Facendo seguito ai principi enunciati dall’ ormesi un gruppo di ricercatori dell’Università di Firenze e di Verona e ricercatori indiani hanno indagato l’azione di medicinali omeopatici su cellule isolate attraverso la tecnica del DNA microarray (Dei A., Bernardini S., Homeopathy. 2015 Apr;104(2):116-22). Con tale indagine è stato possibile verificare l’azione di diluzioni di medicinali omeopatici sul DNA delle cellule. In tale maniera è stato possibile dimostrare che il medicinale omeopatico ha un effetto specifico sul nucleo delle cellule e che tale effetto è esattamente opposto quando le piccole concentrazioni vengono confrontate con le grandi concentrazioni della stessa sostanza (E. Bigagli, C. Luceri, S.Bernardini, A. Dei, A.,P. Dolara Homeopathy 2014 103, 127-132; Marzotto et al. BMC Complementary and Alternative Medicine 2014, 14:104). Questi studi pongono modernamente l’omeopatia nell’ambito della farmacologia delle microdosi.
Anche se la teoria ormetica sarebbe in grado di spiegare l’effetto delle ultradiluizioni ma all’interno del numero di Avogadro, va però sottolineato come un gruppo di ricerca indiano ha dimostrato con tecniche di RM che, grazie ad aspetti legati alle caratteristiche dell’interfaccia solvente/ soluto, oltre una certa diluizione la quantità di sostanza resta praticamente invariata perché il meccanismo di diluizione finisce di essere lineare (Chikramane P S et al, Homeopathy 2010) .
Un gruppo di fisici – Del Giudice et al. (Electromagn Biol Med. 2015;34(2):167-9; J Theor Biol. 2010 Aug 21;265(4) – si riallaccia alle teorie dell’Elettrodinamica Quantistica (Quantum Electro- Dynamics: QED) offrendo altri spunti di riflessione sul possibile meccanismo d’azione dell’Omeopatia: insiemi macroscopici di identici sistemi microscopici al di sotto di una certa temperatura ed al di sopra di una particolare densità si comportano in un modo completamente diverso da un insieme di oggetti microscopici tenuti insieme da forze elettrostatiche di corto raggio d’azione; la irradiazione di una soluzione fisiologica con onde elettromagnetiche nel range delle microonde (non-termiche) modifica la capacità della soluzione di influenzare l’apertura e chiusura dei canali ionici di membrana ed anche dopo la fine del periodo di irradiazione, l’acqua mantiene le proprietà acquisite.
In molte ricerche sono state dimostrate modificazioni permanenti nella struttura fisico-chimica delle alte diluizioni, purché “dinamizzate” come se le molecole delle sostanze diluite sottoposte a dinamizzazione evolvessero in strutture sopramolecolari contenenti nanoparticelle (NP) che inducono modificazioni nell’organizzazione molecolare del solvente. Pertanto i farmaci omeopatici possono essere considerati nanostrutture con proprietà di superficie: le NP di sostanze omeopatiche possono interagire con le strutture viventi grazie a specifiche proprietà elettromagnetiche, come dimostrato con tecniche di luminescenza, considerando che gli organismi viventi (umani, animali, piante) sono sistemi costituiti da parti interattive all’interno di una struttura biologica che le accoglie (Lenger K, Homeopathy. 2008 Jul;97(3):134-40).
Bell e Shwartz, in una recente pubblicazione sulla scienza delle nanoparticelle applicata all’omeopatia (Homeopathy, 2015, 104, (2), 123), ipotizzano tre modelli interpretativi sull’effetto delle NP omeopatiche: la Ormesi – attualmente il modello più accreditato, la Risonanza Stocastica (RS), la Time-Dependent-Sensitization (TDS). La RS descrive come una cellula è in grado di amplificare un’informazione e comunicarla ad un’altra cellula anche a distanza (Torres GL, 1986). La TDS è rappresentata da una sorta di amplificazione del segnale tempo-dipendente prodotta dagli stessi agenti esterni perturbanti autonomamente o con il coinvolgimento di altri agenti perturbanti. La Ormesi – già descritta in precedenza – e la RS sono compatibili e complementari tra loro, in quanto l’amplificazione del segnale proveniente dalle NP è in grado di indurre l’innesco della reazione ormetica. Tutti e tre i modelli potrebbero essere in grado di spiegare le risposte non lineari delle strutture viventi ai fattori ambientali perturbanti, sia di azione tossica che terapeutica, che agiscono attraverso le nanomolecole, secondo modelli che si rifanno ai meccanismi di funzionamento dei sistemi complessi. L’omeopatia ritrova quindi la scienza a suo supporto nella teoria dei sistemi dinamici, insieme agli sviluppi della biofisica e degli studi clinici, che danno contributi forti alla sua rivalutazione come metodo terapeutico.
Campi di applicazione

Alla base della concezione omeopatica c’è l’idea che la salute non è una condizione statica ma una fase di un processo, ovvero un processo dinamico che tende verso l’omeostasi. Questo concetto presuppone un meccanismo intrinseco di autoregolazione, che protegge l’equilibrio da eventuali alterazioni. La malattia riflette il tentativo di ripristinare lo stato scompensato, come risultante di fattori fisici, chimici, genetici ed emozionali. La malattia è condizionata dalla suscettibilità e si manifesta attraverso sintomi a livello mentale/intellettuale, emozionale e fisico. Il meccanismo di autoregolazione è ritenuto responsabile della protezione contro la perdita di equilibrio come pure del suo recupero. Tutto ciò che un medico può fare nei confronti della cura (contrariamente alla palliazione, soppressione, etc.) è affiancare il processo di guarigione, stimolare il meccanismo di autoregolazione.I medicinali omeopatici indurrebbero un processo di recupero delle funzioni vitali stimolando il meccanismo di autoregolazione. Nei casi in cui si è verificato soltanto un danno funzionale si assiste per lo più alla guarigione completa. Quanto più strutturale è il danno causato dal disordine, tanto più parziale sarà il recupero. Se il processo patologico è arrivato al culmine ed il danno tissutale è diventato irreversibile, l’ Omeopatia avrà solo un effetto palliativo.

L’Omeopatia può essere utilizzata per la cura di malattie sia acute che croniche nei casi seguenti: a) il medico e/o il paziente vuole ridurre l’uso di farmaci per trattamenti a lungo termine e/o vuole verificare alternative terapeutiche a trattamenti ritenuti troppo invasivi o insoddisfacenti rispetto alle garanzie di efficacia terapeutica; b) il paziente non può utilizzare farmaci convenzionali per intolleranza, allergia o gravi effetti collaterali; il paziente, informato su rischi e benefici, lo richiede come trattamento preferenziale. Resta implicito che anche le terapie omeopatiche necessitano di consenso informato da parte del paziente. A tale scopo SMB Italia ha a suo tempo predisposto un consenso informato idoneo a questo tipo di approccio terapeutico.


I medicinali omeopatici necessitano di un tempo di reazione variabile a seconda dell’individuo e della patologia trattata. Tuttavia i tempi di attesa di una risposta alle cure omeopatiche devono essere ragionevolmente brevi. In generale nella patologia acuta la risposta terapeutica deve essere visibile entro qualche ora fino ad un massimo di tre giorni. Nelle patologie croniche si può talvolta attendere sino a qualche mese per un miglioramento rilevabile e consolidato.

Effetti avversi

In linea generale è possibile affermare che i medicinali omeopatici non siano in grado di determinare effetti tossici. Questa affermazione è valida anche nel caso di un’ingestione accidentale di una dose eccessiva di medicinale. La FDA dopo aver valutato i dati relativi alla ipotesi di effetti avversi dovuti ai medicinali omeopatici conclude che questi farmaci non possono causare effetti avversi. Non vi sono evidenze che i medicinali omeopatici possano interferire con i farmaci convenzionali e che siano controindicati in gravidanza. In particolari circostanze è anzi ammessa o addirittura necessaria l’associazione fra medicinali omeopatici e medicinali convenzionali (ad esempio: cure palliative in pazienti tumorali, assunzione di farmaci salvavita, terapie sostitutive per ormoni mancanti, lenta e progressiva disassuefazione da sonniferi o benzodiazepine, etc.).

Una considerazione preliminare e rilevante è che, se si ammette la possibilità di effetti avversi, anche se in negativo, si ammette intrinsecamente l’efficacia della terapia omeopatica. Tecnicamente gli effetti avversi da farmaci vengono classificati in effetti collaterali, dovuti allo stesso meccanismo d’azione del farmaco e prevedibili , e effetti indesiderati, che consistono in sintomi non prevedibili, dovuti in generale alla risposta individuale del paziente a causa delle sue caratteristiche biologiche. Un esempio: i beta 2 stimolanti utilizzati come broncodilatatori possono provocare come effetti collaterali sintomi di tipo cardiocircolatorio ( tachicardia, aritmie..), ma se il loro impiego provoca diarrea questa va considerata come effetto indesiderato. Questa classificazione ha difficoltà ad essere applicata in Omeopatia. Nella sperimentazione patogenetica tutti i sintomi che il soggetto presenta durante la somministrazione della sostanza in studio dovrebbero essere considerati come effetti collaterali perché non c’è priorità tra essi, e la distinzione tra sintomi fisici o mentali in senso gerarchico ha solo valenza clinica.

Diverse sono le considerazioni per l’uso terapeutico dei farmaci omeopatici, dove esiste la possibilità dell’aggravamento, che pur rappresentando per il paziente un evento spiacevole offre al medico dei vantaggi per una migliore definizione della prescrizione. L’aggravamento, essendo un sintomo prevedibile, potrebbe essere considerato, in base alla classificazione citata, un sintomo collaterale, anche perché il range dei sintomi collegabili al peggioramento è non delimitabile e, per tale motivo, onnicomprensivo. Ma esistono sintomi che possono essere collocati al di fuori dell’aggravamento omeopatico e, quindi, essere considerati come sintomi indesiderati? Tale possibilità è plausibile nel caso di assunzione di farmaci omeopatici a basse diluizioni , al di sotto del fatidico numero di Avogadro, e quindi dosi comunque ponderali, in quanto si configura una situazione analoga a quella della Medicina Convenzionale, ma resta comunque ardua la distinzione, anche a basse diluizioni, tra questi sintomi e quelli legati all’aggravamento. Il gruppo di Stub ha pubblicato su tale tema: in un lavoro del 2012 su BMC Complementary & Alternative Medicine gli autori descrivono come da un’ intervista a 7 medici emerge un sostanziale disaccordo su come distinguere sintomi da aggravamento da sintomi collaterali, unica considerazione condivisa il fatto che in caso di aggravamento omeopatico comunque dovrebbe essere presente una sensazione di benessere. In un lavoro più recente (Complement Ther Med, 2015) definiscono come attribuibili ad aggravamento omeopatico il peggioramento di sintomi già presenti oppure la comparsa di sintomi di peggioramento seguiti però da un miglioramento dopo alcuni giorni oppure sintomi di peggioramento accompagnati da cefalea e stanchezza, e in base a tale classificazione, nella loro casistica, il 26% dei pazienti ha presentato peggioramento dei sintomi e in 2/3 dei casi si è trattato  di aggravamento omeopatico, in 1/3 di sintomi indesiderati. In realtà soltanto reazioni di tipo sicuramente allergico possono essere classificate con certezza come sintomi indesiderati, come nel caso di una recente segnalazione di reazione anafilattica dopo assunzione di Oscillococcinum (Azmi e coll, BMJ 2015 case report ).

Si può d’altronde comprendere come proprio la presenza del fenomeno di aggravamento rende complicata qualunque indagine volta a definire l’incidenza di sintomi avversi dovuti alla terapia omeopatica e come la possibilità di prescrizioni con un range di variazione di diluizioni così ampio rende ancora più complicato questo tipo di valutazione, in quanto ogni diluizione potrebbe comportare l’insorgenza di sintomi negativi con una proporzione tra quelli attribuibili ad aggravamento e quelli di tipo indesiderato assolutamente imprevedibile. Ciò spiega l’ampio dibattito che ha suscitato il lavoro di Posadzki e Ernst (Int J Clin Pract, 2012) che in una review effettuata su 37 pubblicazioni, riportano reazioni avverse da lievi a severe provocate direttamente o indirettamente dalla terapia omeopatica in 1159 pazienti. Il lavoro è stato molto contestato (Tournier , 2013 e Walach 2013 sulla stessa rivista), oltre che per aspetti metodologici, anche e soprattutto per i criteri utilizzati nella definizione del meccanismo di casualità. E’ anche importante sottolineare come alcune segnalazioni attribuiscono erroneamente all’Omeopatia effetti provocati dall’uso di estratti fitoterapici, situazioni in cui la tossicità per dosaggi incongrui è prevedibile, e come nei lavori dedicati a questo argomento, non si prendono in considerazione le diluizioni utilizzate in terapia, cosa non di scarsa rilevanza, dal momento che ogni diluizione ha valenza di farmaco a sé stante e quindi , come per gli effetti terapeutici, in grado di provocare effetti avversi specifici per la diluizione.

Rapporto costo beneficio in Omeopatia

La medicina omeopatica è relativamente poco costosa e l’esperienza suggerisce che il potenziale di salute che è capace di generare sia in grado di diminuire il consumo di farmaci e le prestazioni sanitarie, aspetto non trascurabile per le prospettive in materia di farmaco-economia. Negli ultimi cinquanta anni in tutti i paesi industrializzati dell’Europa la spesa sanitaria riferita al PIL ha avuto un progressivo e costante incremento e sempre più sentita è l’esigenza di adottare un modello di gestione delle malattie croniche i cui costi terapeutici abbiano un peso meno rilevante in termini di spesa farmaceutica. In questa prospettiva le terapie omeopatiche possono rappresentare una valida opportunità: nella gestione di patologie croniche di ampio costo sociale (ad esempio le riniti allergiche, la dispepsia funzionale, il dolore cronico benigno e altre patologie ancora) l’Omeopatia rappresenta un ambito in cui è possibile intervenire con terapie efficaci abbattendo i costi sociali. Numerosi studi condotti in Europa hanno comparato i costi prescrittivi di medici generici omeopati con quelli di medici generici convenzionali: in tutti questi studi i medici generici omeopati hanno registrato statisticamente una spesa dal 20% fino al 50% in meno rispetto ai loro colleghi convenzionali. Queste evidenze hanno indotto numerosi governi sia in Europa che in altre parti del mondo a destinare fondi per la ricerca sulle medicine complementari.

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