L’omeopatia nell’ambito delle Medicine Complementari

La legge sancisce il diritto alla scelta terapeutica del paziente e la necessità di garantire il reperimento di qualsiasi medicinale omeopatico sicuro e di buona qualità. Le recenti proposte di Legge al Parlamento e al Senato Italiano hanno definito un ambito dove verranno gestititi i rapporti tra la Medicina Complementare e altre discipline di diagnosi e cura. La medicina omeopatica si situa, nell’ambito delle Medicine Complementari come disciplina sistematica, autonoma sul piano teorico, clinico, diagnostico e terapeutico ed è praticata da un numero sempre maggiore di medici in Italia e in Europa. Essa si basa su un principio detto “della Similitudine”. Tale principio prevede l’impiego terapeutico di sostanze per lo più provenienti dal mondo vegetale, animale o minerale aventi la capacità (dimostrata in via sperimentale o tossicologica) di determinare nell’individuo sano sintomi analoghi a quelli presentati dalla persona ammalata. Tali sostanze sono state impiegate per la cura degli individui ammalati a seguito di un’ampia sperimentazione clinica che ha impegnato i medici omeopatici negli ultimi 200 anni.
L’osservazione del principio della Similitudine ha radici millenarie. Ne troviamo tracce nei poemi sanscriti, nella cultura persiana, nella Bibbia, per arrivare ad Ippocrate, Galeno ed Averroè. Bisognerà attendere Samuel C. Hahnemann, nato nel 1755, perché venga strutturato, codificato e diffuso, e perché a questo principio venga affiancato l’uso delle alte diluizioni sottoposte a dinamizzazione. Tra il 1800 ed il 1900 l’omeopatia, oltre che nei paesi a lingua anglosassone, ebbe notevole diffusione anche in Italia grazie a Ferdinando I di Borbone, a Papa Gregorio IV, a Re Carlo Alberto. Nei due secoli successivi al 1790, anno in cui Hahnemann utilizzò per la prima volta i “rimedi omeopatici”, ci sono state, con alla base il Principio della Similitudine e l’uso di rimedi ultradiluiti e dinamizzati, diverse interpretazioni dell’approccio clinico terapeutico al paziente malato le quali hanno determinato una graduale
evoluzione della medicina omeopatica anche a seguito delle successive scoperte della scienza medica convenzionale. A seguito dell’evoluzione della medicina omeopatica si sono affermate in Europa e in Italia, così come anche nei paesi extraeuropei, Scuole differenti le quali hanno mantenuto però il convincimento di due principi fondamentali dell’omeopatia: a) la ricerca del simile e b) l’impiego terapeutico di sostanze ultradiluite e dinamizzate, in passato denominate rimedi omeopatici e attualmente medicinali omeopatici.
E’ opportuno sottolineare come in tutte le discipline biologiche è plausibile sviluppare nel tempo la possibilità di una revisione dei modelli applicativi della disciplina stessa, sulla base di nuove acquisizioni e nuove scoperte scientifiche che rappresentano la naturale evoluzione del sapere umano. Anche per l’omeopatia la elaborazione di modelli elettromagnetici in funzione di ipotesi esplicative dei meccanismi di azione dei rimedi omeopatici, consente la possibilità di trasferire l’operazione terapeutica dal livello del simile, che affronta il paziente nella sua globalità funzionale, al livello del sintomo, che di quella globalità rappresenta una espressione anche momentanea, anche episodica ma sicuramente significativa e queste considerazioni, apparentemente teoriche, hanno consentito rilevanti cambiamenti anche sul piano applicativo della medicina omeopatica, cosicché l’omeopatia moderna ha vissuto un’evoluzione che ha visto affiancarsi alla scuola Unicista le scuole Pluralista e Complessista.

La scuola unicista individua delle tendenze che fanno capo a scuole con dottrine filosofiche ben precise: i colleghi che vi fanno capo sono anche definiti tradizionalisti in quanto mirano a cercare il farmaco unico, il “simile”, per ogni quadro patologico del paziente. Vengono utilizzate alte o altissime diluizioni del rimedio indicato, e la ripetizione avviene solo dopo molti giorni ed in condizioni particolari. Solo il medico, con un’attenta analisi dei sintomi e delle loro variazioni può prescrivere il rimedio e stabilirne la frequenza di assunzione. Questo tipo di scuole si sono sviluppate in preferenza nei paesi anglosassoni ed in Sudamerica.
La scuola pluralista, oltre alla ricerca del rimedio più simile al paziente (simillimum), conferisce molta importanza, per la prescrizione terapeutica, allo studio della diatesi e della costituzione; essa inoltre prevede l’impiego di medicinali omeopatici per uso solo sintomatico prescritti in diluizioni più basse di quelle utilizzate nella cura con il simillimum. I rimedi diatesici e di costituzione consentono la loro individuazione in modo più semplice rispetto al simillimum, pertanto questa modalità prescrittiva viene più rapidamente acquisita dai medici che frequentano una scuola di omeopatia rispetto alla più complessa prescrizione del simillimum. Essi hanno per contro un’azione più lenta e meno mirata. Per questo motivo ad una terapia definita “costituzionale” o “diatesica” viene per lo più associato uno o più medicinali omeopatici, prescritti in basse diluizioni per una terapia cosiddetta “ sintomatica” che può, qualora la situazione clinica del paziente lo richieda, consentire un rapido miglioramento della sintomatologia lamentata dal malato riducendo per conseguenza il suo disagio e consentendo pertanto una maggiore compliance verso la terapia che egli ha scelto di intraprendere.
A fianco e a complemento dei medicinali omeopatici definiti “rimedi di fondo”, “di costituzione” “diatesici” e “sintomatici” altri presidi terapeutici sono attualmente utilizzati dai medici omeopati di Scuola Pluralista. Essi sono il risultato di più recenti sperimentazioni cliniche o di nuove acquisizioni scientifiche. Tra questi rivestono particolare importanza, in considerazione della frequenza di prescrizione e della efficacia terapeutica, i bioterapici, gli organoterapici, nonché i fitoterapici e i gemmoderivati preparati secondo le regole di preparazione dei medicinali omeopatici sanciti nelle farmacopee. Da quanto esposto è possibile evincere che la scuola pluralista, che rappresenta una  moderna evoluzione della scuola unicista, pur conservando nell’applicazione clinica il principio di base fondamentale della omeopatia (la ricerca del Simile o del Simillimum), ha scelto di integrare ogni suo atto terapeutico con l’eventuale prescrizione di uno o più dei presidi terapeutici sopra definiti, con l’intento di individuare ulteriori risposte di salute per ogni individuo malato. Nessuno di questi presidi terapeutici potrebbe essere dichiarato non più disponibile senza che questo non determini un complesso sconvolgimento della pratica medica dell’omeopatia pluralista e di fatto un incommensurabile danno alle possibilità terapeutiche dei pazienti che con questa medicina hanno scelto di curarsi. Questo tipo di Scuola si è sviluppata prevalentemente in Francia, nei paesi francofoni ed in Italia.
La scuola complessista prevede la somministrazione di un insieme di rimedi a bassa diluizione e con un notevole tropismo d’organo ed affinità sintomatologiche. Spesso i rimedi vengono mescolati tra di loro con diversa dinamizzazione (definiti anche in accordo di potenza). Si tiene conto sia della legge della Similitudine ,sia della diagnosi nosografica. In pratica si tiene conto sia della diagnosi classica della malattia, che della responsabilità delle progressive intossicazioni, dei blocchi della reattività, della degenerazione mesenchimale. L’utilizzazione di diversi rimedi a basso e vario grado di diluizione, consente poi al rimedio più adatto di funzionare sia come drenante che con un effetto terapeutico più complesso. In questa scuola i rimedi omeopatici vengono utilizzati con vie di somministrazioni anche
alternative a quella orale (iniettiva, rettale) sfruttando altre vie di assorbimento dell’organismo.
La tendenza allo studio della funzione lesa dell’organo, la concezione di intossicazione, di blocco, di degenerazione mesenchimale tipica del pensiero omeopatico tedesco ha dato origine ad una ulteriore evoluzione della medicina omeopatica, l’omotossicologia, che ha ricevuto contributi sperimentali soprattutto in Germania ed Austria. Non può sfuggire come questi approcci terapeutici diversificati su più livelli (eziologia, sintomo, funzione, individuo) vengono più facilmente incontro alle esigenze pratiche del medico formato alle facoltà universitarie, e ciò spiega l’affermarsi di questi moderni modelli  applicativi della medicina omeopatica che tra l’altro non si pongono in contrasto con la medicina convenzionale prevedendone l’impiego in precise situazioni cliniche. I medici omeopati moderni sono molto attenti al progresso scientifico, sia convenzionale che non convenzionale, essi credono che la medicina sia una e che essa possieda numerosi strumenti terapeutici i quali in precise situazioni cliniche possano agire anche in maniera integrata con lo scopo di individuare ulteriori e nuove risposte terapeutiche per gli individui ammalati. I medici che in Italia, nell’ambito della loro professione medica convenzionale, hanno scelto di acquisire una specifica ulteriore competenza in una delle  discipline terapeutiche fondate sull’impiego dei medicinali omeopatici come sopra individuati e descritti desiderano qualificarsi come medici esperti in “Medicina Integrata”; essi in numero progressivamente maggiore si stanno raccogliendo nella Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata la quale ha assunto tra i propri compiti statutari la diffusione di tutte le metodiche terapeutiche basate sulla prescrizione dei medicinali omeopatici nonché lo scambio culturale con la medicina convenzionalmente intesa. L’integrazione tra la medicina convenzionale e le varie discipline mediche nell’ambito della omeopatia ha il preciso intento di rispondere nella maniera più ampia possibile alle richieste di salute di tutti gli individui ammalati.

Fonte: SIOMI