Il resoconto del Convegno

A Torino si sono incontrate omeopatia e pediatria

VI Convegno Nazionale SIOMI

Imperdibile. L’aggettivo suona sgradevole e si usa spesso a sproposito, ma non ne troviamo uno più adatto a descrivere il Convegno Nazionale che la SIOMI ha tenuto a Torino sabato 11 ottobre. l tentativo del convegno era di vedere se la medicina integrata è soltanto un sogno, un fantasma inafferrabile che oltrepassa limiti e confini senza necessità di visti o passaporti o se, al contrario, è una opportunità reale, un magnifico atto dalle conseguenze imprevedibili. Seduti in platea, immersi in quella proiezione di desiderio che è il susseguirsi di relazioni stimolanti, i duecento partecipanti hanno ascoltato come nel campo delle allergie respiratorie  e nella dermatite atopica (Santini, Macri, Berti), nel dominio delle infezioni respiratorie recidivanti (Lovecchio, Ferrario, Fiore, Trapani) ed in quello della sofferenza psicologica del bambino (Ronchetti, Saruggia), sono vivi percorsi di alleanza ed integrazione che vengono battuti senza sosta, da pediatri estranei alla cultura omeopatica e da omeopati infervorati di passione per una medicina aperta ad approcci insieme rigidamente scientifici e tradizionalmente umanistici.
Evangelicamente il vino buono è stato servito a fine convegno con una tavola rotonda sulla ricerca (Bernardini, Coscia, de Vonderweid, Felisi, Masci, Minelli) che ha seguito e chiosato una lettura sulla medicina come realtà complessa (Dei).
La vivacità e la produttività delle idee che hanno animato il convegno sono così stimolanti da obbligarci, per contagio, a una serie di riflessioni che investono le radici stesse del pensiero medico moderno; le si tocca come quando si ha davanti un canestro di ciliegie. Una tira l’altra e non si smette più di rigirarsele tre le mani. Sono dunque facili da mostrare.

  • A quali torsioni deve sottoporsi l’idea di  guarigione in medicina,  in un mondo sempre più popolato da malattie croniche e quindi, per definizione, inguaribili?  Si vorrebbe che la guarigione coincidesse con il pieno recupero e fosse anche garanzia e riparo, una volte per tutte, in una terra fortificata. Desideri utopici entrambi : guerir parfois, ameliorer souvent, soulager toujours è forse un progetto più alla portata di noi esseri finiti.

  • Diventiamo sempre più consapevoli  che la medicina è una realtà caotica, che le sue previsioni si basano su probabilità e che anche i più sofisticati e muscolari strumenti che la ricerca clinica mette in mostra, come le metanalisi, sono incerti.

  • Nell’immensa, caotica  questione dell’inquinamento è forse possibile trovare una perla rara: l’idea che se concentrazioni al limite del ponderale di molti inquinanti ambientali sono comunque tossiche, anche per un effetto di sommazione, un nuovo campo si possa aprire al fenomeno della similitudine per fornire protezione o depurazione .

  • Una considerazione si è affermata come salutare e preziosa: l’idea che una pratica di ascolto come l’omeopatia non possa reggersi senza che si renda possibile all’omeopata di forgiare il suo stile d’ascolto. Esercizi di stile – suggeriva Queneau. Nella fattispecie, insieme alla trasmissione della teoria omeopatica, la formazione dell’omeopata deve legarsi ad un particolare percorso che gli permetta di cogliere, nell’ascolto rispettoso, l’essenza della sofferenza del paziente. In questo modo è possibile dare una curvatura compiuta all’invenzione di Hahemann che è una sovversione etica prima ancora che farmacologica.

  • La nozione di ormesi, come modello interpretativo dell’azione delle microdosi, non sembra più qualcosa di estraneo, la sua circolazione non ricorda più l’importazione illegale e sottobanco di qualcosa di proibito. Questo paradigma restituisce all’omeopatia un po’ di libertà di movimento, e ci appare discreto, comodo, utile, forse indispensabile ma non inderogabile.

L’impressione alla fine era di aver assistito ad un evento “ pulsar”, che accelera ed ipertrofizza processi che sono in atto, ma ancora timidi. Ora, dopo il convegno, l’impegno è di assicurare a queste idee in movimento un’orgia di spazio, un paesaggio sconfinato per evitare che esse si accontentino di una cauta sopravvivenza.

Fonte: Massimo Saruggia