Troppa euforia sul decreto vaccini

Da “Quotidiano Sanità” del 22 maggio 2017

Non penso che l’istituto superiore di sanità dica sciocchezze, ma questo decreto è stato caricato di cose che con i vaccini c’entrano poco. È stato concepito in un clima di aperta intolleranza, interpretato con atteggiamenti di avversione verso le opinioni fuori dallo standard, messo in campo come una lezione esemplare da dare ad una società considerata irresponsabile e incosciente e non come una norma saggia per la salute di tutti

Una euforia analoga a quella che, in questi giorni riguarda il decreto sui vaccini, l’ho vista all’indomani dell’approvazione della legge sulla responsabilità professionale. Un tripudio generale rispetto al quale era meglio tacere le proprie incertezze per paura di essere scambiato per un disfattista. Coloro che, come me, su questo giornale esortavano al realismo e alla prudenza, venivano visti con sospetto.
Ora che la legge è stata fatta e la festa è passata quel tripudio si sta trasformando piano piano in perplessità, dubbio, incertezza, delusione, da parte di avvocati, giuristi, assicuratori, e i medici, meschini, non solo scoprono, con disappunto, che, tra norma e realtà, c’è il solito scoglio della complessità, ma, ancora una volta, lo scoprono nel momento in cui ci vanno a sbattere contro. Temo che la stessa cosa   avverrà per il decreto sui vaccini, chiedo quindi scusa ma anche questa volta preferisco non partecipare alla festa. Non penso che l’istituto superiore di sanità, dica sciocchezze, ma questo decreto è stato caricato di cose che con i vaccini c’entrano poco, è stato concepito in un clima di aperta intolleranza, interpretato con atteggiamenti di avversione verso le opinioni fuori dallo standard, messo in campo come una lezione esemplare da dare ad una società considerata irresponsabile e incosciente e non come una norma saggia per la salute di tutti.
L’intera questione, nel suo complesso, a mio parere è stata gestita male, o forse sarebbe meglio dire, non gestita per niente, al punto tale da aver accresciuto il disorientamento delle persone, la loro confusione, le loro incertezze ma soprattutto la loro diffidenza. Quello che si è visto è stata una medicina divisa, istituzioni regionali con diversi orientamenti, drammatizzazioni esagerate, scontri politici, e molta poca comprensione e attenzione per i problemi della gente ma soprattutto tanta reticenza. I vaccini sono fondamentali ma non perfetti. Negare l’imperfezione non è scientifico.
Diversamente dall’ISS, credo che, per governare tutte le complessità etico-medico-sociali (dal semplice uso di una linea guida alla somministrazione di un qualsiasi farmaco), non   bastino le evidenze scientifiche. Se fosse così semplice non si capirebbe perché la clinica non sia classificata tra le discipline nomotetiche anziché tra quelle idiografiche. I vaccini sono problemi idiografici. Perché negarlo?
Ma siccome il decreto è convinto del contrario ne deduco che rispetto alla sua stupidità, la realtà prima o poi presenterà il conto.

La prima questione che pongo è pragmatica: il ricorso alla coercizione sarà un meccanismo efficace ad accrescere il grado di copertura vaccinale nel nostro paese?

Ho dei dubbi. Non che” con il pugno di ferro” non si ottenga niente, però penso che vedere le persone come le vede il decreto cioè come delle trivial machine sia uno sbaglio. I comportamenti delle persone nelle complessità sociali che riguardano le proprie libertà, il proprio corpo, la propria integrità, i propri figli, tendono ad essere pro-eretiche (hairetikós“che sceglie”) cioè sembrerà strano ma le persone tendono a fare scelte personali, non ad obbedire come soldatini a degli ordini che non capiscono e che in certi casi percepiscono come assurdi o se non spiegati financo pericolosi.
Che il calo della copertura vaccinale (fenomeno comune, anche come entità, all’intera Europa, quindi a una intera società e a una intera cultura) riguardi prima di ogni cosa proprio i vaccini obbligatori, significherà pur qualcosa. O no?
Vedere la nostra società “post moderna” (Lyotard),o “liquida” (Bauman) come una trivial machine significa non tenere in nessun conto le problematiche che accompagnano la composizione sociale di una comunità e quindi le diversità che vi sono in essa e del forte multiculturalismo che ormai la caratterizza. E’ quindi probabile che l’obbligatorietà sarà vissuta dalle persone pure in modo diverso, da quelle passive a quelle che al primo sintomo avverso faranno causa al medico e al servizio con l’extracomunitario che per mettere insieme il pranzo con la cena si farà togliere la patria potestà.
Sarebbe un guaio se la crescita della copertura vaccinale fosse pagata con una crescita del contenzioso legale tra società e medicina o semplicemente con una crescita della sfiducia e del disagio sociale.
Il decreto è spaventosamente banale e lineare e presume che al comando segua infallibilmente l’obbedienza. Solo in guerra agli ordini si obbedisce e basta. Temo che non sarà così e che le sanzioni soprattutto determineranno inutili ingiustizie e inutili disagi sociali.
L’errore che fa il decreto, almeno questa è la mia impressione, è di ignorare che la medicina è dentro una società che la medicina non può essere pensata a prescindere da essa perché, come si dice da anni, essa è e resta una “impresa sociale”. Ma se è così i vaccini non possono essere intesi solo come una questione scientifica. Con questo decreto sembra che la medicina sia solo una questione scientifica. Grave gravissimo errore.

La seconda questione che pongo è politica e riguarda la libertà delle persone e il tema del consenso informato.

Trasformare i vaccini in TSO significa obbligare le persone a certi trattamenti come se vi fosse:
· una emergenza tale da giustificare misure eccezionali,
· l’impossibilità di percorrere strade diverse dalla coercizione,
· una preclusione  a priori al ricorso alla consensualità e alla consapevolezza.
Tutto questo si gioca intorno a questioni:
· “carnali” e “viscerali” (embodied cognition)come i propri figli, la loro salute, la loro integrità,
· sociali come il ruolo di un genitore e il significato sociale della genitorialità più in generale.
Possibile mai che non si comprenda la gravità di definire obblighi che, in quanto tali, vicariano di fatto la patria potestà. Il decreto a ben vedere è una forma di patria potestà surrogata per ragioni di salute pubblica. Lo Stato per evidenza scientifica diventa genitore a modo suo. Non serve non avere il libretto delle vaccinazioni per perdere la patria potestà essa è messa in mora automaticamente nel momento in cui si obbligano i genitori a fare dei TSO ai loro figli.
La Lorenzin non si rende conto che il suo decreto è come se facesse regredire il suo ministero, (già svuotato di poteri primari da quello dell’economia) a quando prima della sua istituzione (L.296/1958) la malattia era prevista tra le competenze del ministero degli interni perché considerata un problema di ordine pubblico. Ma a che serve il ministero se tutto è ridotto a tagli finanziari, a TSO e a linee guida?
Vedere ai vaccini come a una questione di ordine pubblico nasconde l’errore grave di assumere i genitori come dei   soggetti sociali irresponsabili per definizione, cioè dei criminali incoscienti che mettono a repentaglio l’integrità della nazione. Ma scherziamo?!
Oggi molto più di ieri, come diceva Mario Merola, i figli “so piezze e core” perché oggi i genitori devono proteggerli da insidie e minacce che una volta neanche c’erano: alimentari, ambientali, sociali, speculativi, e per giunta anche da quelle possibili che potrebbero derivare dalle cure mediche e quindi anche dai vaccini.
A questo, paradosso apparente, i giovani genitori, ragionano come Jonas, che, nei confronti dello sviluppo crescente della scienza e della tecnica, invocava il principio della responsabilità.  Ma veramente si pensa che il problema sia quello dei genitori incoscienti? O forse il cruccio dei genitori di oggi è proprio il contrario cioè la difficoltà ad esercitare una coscienza genitoriale perché ne sentono di tutti i colori e non sanno a chi dare retta?
Cosa chiedono i supposti genitori incoscienti? Non di essere obbligati a sottoporre i loro figli a trattamenti sanitari misteriosi di cui non conoscono e temono i meccanismi, ma di essere sicuri, di avere anamnesi accurate, un vero sistema di farmaco vigilanza, medici attenti, cautela clinica, una informazione vera completa non reticente e non contraddittoria.
Essi oggi sono tutt’altro che incoscienti ma hanno difficoltà estreme ad esprimere la loro coscienza genitoriale. E lo Stato che fa? Anziché farne i primi attori della profilassi condiziona loro la patria potestà con dei TSO. Tutto questo è talmente abnorme da far venire il sospetto che il decreto sia stato pensato ben oltre gli ambiti strettamente scientifici della questione vaccini.
Sarà un caso ma esso è stato fatto dopo che il Global Health Security Agenda, ha designato l’Italia quale capofila per i prossimi cinque anni delle strategie e campagne vaccinali nel mondo. Una cosa ovviamente straordinaria in tutti sensi, ma che mi porta a pensare che il decreto sia andato ben oltre certa ragionevolezza anche perché dietro ai vaccini c’è una montagna di denaro, prestigio internazionale, potere per le persone nelle istituzioni, per cui l’Italia per prima si doveva presentare sul setting internazionale con la divisa del repressore implacabile.
Anche un distratto come me capisce che l’obbligatorietà è funzione degli investimenti cioè è una garanzia ancor prima che per la profilassi per il business farmaceutico.
A questo vorrei aggiungere la sensazione sgradevole (soprattutto se rileggo le posizioni sui vaccini del Pd di qualche tempo fa contrarie all’obbligatorietà), di un dibattito sui vaccini che a mio avviso ha subito in queste settimane, una indebita accelerazione e una pericolosa deformazione soprattutto causata dalla polemica politica.

Mi riferisco a quella tra Renzi e Grillo.
Il decreto ha preso forma dentro questa polemica senza la quale probabilmente non sarebbe mai nato. Non è la Lorenzin che conquista il decreto è a Renzi che il decreto fa politicamente comodo. E’ del tutto evidente che nel corso della polemica contro M5S, il Pd ha cambiato il suo orientamento. Basta vedere gli atti parlamentare. Perché?
Insomma questo è un decreto che il Parlamento dovrebbe emendare perché fatto con i paraocchi, indebitamente strumentalizzato, figlio del peggior scientismo che si poteva immaginare.
A partire dai dati sul calo della copertura vaccinale dovremmo certamente mettere mano senza allarmismi (non esiste nessuna emergenza) ad una campagna di vaccinazione efficace ma dentro una diversa strategia:
· vanno confermate le obbligazioni esistenti,
· va introdotto l’obbligo del consenso informato,
· la strada giusta non è l’obbligazione di legge  ma l’obbligazione morale.

Cosa vuol dire obbligazione morale?
L’obbligazione morale è una particolare obbligazione non coercitiva che si basa sull’autonomia della razionalità, sul senso di responsabilità, sulla presa di coscienza. Essa si basa sul dovere della salute che i genitori devono avere per assicurare ai propri figli il diritto all’integrità. Questo dovere è un impegno preso liberamente dai genitori nei confronti dei propri figli i quali tacitamente si aspettano che sia realizzato.
Per far crescere il dovere alla salute nella nostra società si deve mettere in campo un programma formativo e un sistema efficace di farmaco vigilanza.
Definisco ciò “programma per una deontologia sociale” cioè l’impegno delle istituzioni sanitarie a formare e informare cioè a convincere le persone al dovere della salute, in tutti i sensi, dai vaccini, alla prevenzione primaria, ai comportamenti salutari. La profilassi se vogliamo fare davvero salute non può essere separata dalla prevenzione.

Quanto ai medici, che non muovono paglia di fronte alla radiazione di un loro collega, tutt’altro che contrario pregiudizialmente ai vaccini ma reo solo di aver manifestato con insistenza degli scrupoli professionali, e che  incapaci di rimettersi in gioco, non sanno far altro che  nascondere le loro incapacità professionali, dietro metafisiche  evidenze scientifiche, obbligando  una intera società, non a fare i vaccini, ma a subire i loro ormai  insopportabili   limiti culturali, dico solo “povera professione come ti sei ridotta male”.
Ma ne riparleremo  quando cominceranno a venire a galla i problemi. Adesso godetevi la festa… finché dura.

Ivan Cavicchi

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