Omeopatia in crescita in Italia e in Europa: ecco perché

Da “Repubblica” del 4 aprile 2016

di Giuseppe Del Bello

Non ci sono studi che ne dimostrino l’efficacia. Eppure molti medici la utilizzano. E in Toscana è arrivata alla Asl. Tra i temi trattati sul numero di Salute in edicola martedì 5 aprile. Dal 2005 in Toscana l’omeopatia è inserita nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza.

IL DISTACCATO, l’entusiasta, chi “non ne so granché”. E chi mai la utilizzerebbe. Dicono così ma poi, numeri alla mano, di scettici che ricorrono all’omeopatia ce ne sono, eccome. Un esercito che va ampliando sempre di più le sue fila, in Europa e in Italia. Tanto che proprio nel Belpaese, in Toscana, dal 2005 l’omeopatia è inserita nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza: basta pagare il ticket per ottenere una visita specialistica. Non solo. Da quattro anni c’è l’ospedale Petruccioli di Pitigliano (Grosseto), che ospita un centro di medicina integrata con annesso ambulatorio. Ma quando si parla di omeopatia, è d’obbligo rendere onore al suo fondatore Samuel Hahnemann che, agli albori del XIX secolo, coniò la locuzione “similia similibus curantur”: tradotta letteralmente “i simili si curino coi simili”. In sintesi, per Hahnemann, la guarigione si ottiene somministrando al malato la sostanza di cui è carente e quindi riconosciuta dall’organismo come velenosa.

Il fulcro del metodo omeopatico si basa sulla capacità di ottenere una preparazione alchemica che da veleno si trasformi in farmaco. Ed è a questo punto che si innesta il complicato meccanismo di diluizione e dinamizzazione (scuotimento). Una diluizione tale che spesso non consente di trovare nemmeno una molecola della sostanza attiva. È questa la maggiore critica che travolge i profeti della dottrina omeopatica. Una critica che non impedisce a tanti camici bianchi allopatici di prescrivere rimedi omeopatici.

Medicine complementari. Una complementarietà di cure a cui si affida, ad esempio, Alessandro Zanasi, presidente dell’associazione italiana studio della tosse e specialista in Malattie respiratorie a Bologna: “L’evidenza clinica è scarsa ma nell’uso pratico ho raggiunto con alcuni prodotti risultati soddisfacenti, equiparabili a quelli della farmacopea ufficiale. Mi riferisco alla tosse. Abbiamo anche condotto uno studio in doppio cieco sul sedativo omeopatico di una nota azienda: su 100 soggetti ha mostrato un buon risultato a confronto con il placebo. Per avvalorarlo ci vorranno altre indagini. Quel che è certo è che i pazienti (in genere bambini sotto i sei anni a cui non è possibile somministrare alcun farmaco) migliorano, poi il perché va approfondito”.

L’anestesia integrata. Filippo Bosco, anestesista dell’università di Pisa e referente di medicina complementare del centro senologico, pure lui strizza l’occhio all’omeopatia. Per la prima volta in Italia ha praticato a una donna di 52 anni con tumore al seno un’anestesia integrata: “Insieme agli ipnotici e all’agopuntura sono state somministrate sostanze come l’arnica montana. Lei, come i cinque pazienti successivi, avevano espressamente rifiutato oppiacei e antidolorifici. E il risultato nel controllo del dolore e nel postoperatorio è stato ottimo”. Intanto domenica si celebra la giornata mondiale dell’omeopatia, con iniziative in tutta Italia, annuncia Antonella Ronchi, presidente Fiamo (Federazione italiana medici omeopati): “A chi bolla come inefficace l’omeopatia rispondo che i trial clinici non bastano senza altri studi osservazionali. Non si può avere una visione troppo manichea”.

 

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