Bellavite alla FNOMCEO : “Per non essere “sepolti” dalle bufale è importante affidarsi a esperti veri”

Lettera aperta al Presidente FNOMCEO, dr. Filippo Anelli

Egregio Presidente, ho letto sul sito collegato con quello della FNOMCEO, alle pagine “Dottore ma è vero che?” un articolo del dr. Salvo Di Grazia intitolato “L’omeopatia ha effetti scientificamente dimostrati?”

Mi occupo di scientificità dell’omeopatia da circa 30 anni assieme ad altri docenti universitari italiani ed esteri ed ho avuto occasione di collaborare con la FNOMCEO proprio su tale argomento, svolgendo la relazione magistrale al convegno nazionale del 2002 a Terni sulle medicine non convenzionali. Il dr. Del Barone, in tale occasione mi inviò una lettera di particolari ringraziamenti e complimenti. Sotto la presidenza del dr. Fazzini, ho poi collaborato con l’Ordine provinciale di Verona nell’ambito dell’Osservatorio per le Medicine Complementari, iniziativa comune della facoltà di Medicina e dell’Ordine stesso.

Pertanto, spero mi sia consentito fare alcuni commenti sul testo del dr. Di Grazia, che viene presentato addirittura come un argomento “anti-bufale”. Vi ho rilevato delle notevoli inesattezze, per non dire degli errori madornali, che potrebbero indurre in errore i lettori che ivi cercassero una parola chiara e ben documentata su tale bicentenaria disciplina medica. Commenterò direttamente i punti del testo, il cui originale è riportato tra virgolette.

Scrive Di Grazia: “Cos’è l’omeopatia? L’omeopatia è una pratica inventata nell’Ottocento da un medico tedesco, Samuel Hahnemann, che sostiene si possa stimolare la forza vitale dell’organismo per raggiungere la guarigione dalle malattie. Questa pratica si basa sulla teoria dei simili (“il simile cura il simile”), secondo cui per curare un sintomo bisognerebbe assumere una sostanza che ne provochi uno affine (un bruciore si dovrebbe trattare con una sostanza che provoca ugualmente bruciore, come il peperoncino; l’insonnia, con una sostanza che provoca insonnia, come il caffè, e così via). Il secondo elemento su cui si basa l’omeopatia è la diluizione. Il principio attivo quindi viene diluito diverse volte in acqua o alcol e poi spruzzato su globuli di zucchero (o in soluzioni liquide). Per gli omeopati, anche se una sostanza non esiste più a livello chimico, l’acqua nella quale è diluita “ricorda”, per una sorta di “memoria” le caratteristiche di quella sostanza. Più la sostanza di partenza è diluita e più, sempre secondo le teorie alla base dell’omeopatia, sarebbe potente. Per attivare il preparato sarebbe infine necessario lo scuotimento, per decine di volte, del flacone che contiene la soluzione omeopatica (questa procedura si chiama “succussione” o “dinamizzazione”). La diluizione dei preparati omeopatici è talmente elevata (da poche diluizioni a centinaia o migliaia) da non avere più traccia del principio attivo di partenza nel prodotto finale. D’altronde, per legge, un prodotto per essere venduto come omeopatico non deve contenere più di un centesimo della più piccola dose utilizzata nelle medicine prescrivibili, e quindi, per legge, non può essere venduto un prodotto che contenga un dosaggio di principio attivo farmacologicamente efficace.”

Commento (PB): La teoria dei simili è qui ricordata in sommi capi, correttamente, senza però citare il fatto che ha origini nella medicina ippocratica e che tale principio farmacologico funziona in moltissime situazioni fisiopatologiche, allorché una sostanza con effetti patogeni viene diluita in modo che stimoli la reazione del corpo o della cellula. Il principio della similitudine è stato dimostrato valido persino dalla medicina “ufficiale” sia con la cosiddetta farmacologia paradossale (es. i beta-bloccanti che funzionano nello scompenso cardiaco), sia nell’immunologia (es. l’immunoterapia specifica delle allergie). Per quanto riguarda la diluizione/dinamizzazione, tutti sanno quanto sia facile ridicolizzare la famosa “acqua fresca” sulla base del senso comune. Purtroppo per i detrattori, non si tratta solo di una “teoria”, ma è sperimentalmente DIMOSTRATA da decine e decine di evidenze sperimentali di laboratorio e fisico-chimiche. Anche gli studenti del liceo sanno che quando una teoria (“omeopatia=acqua fresca”) cozza contro l’esperimento, la teoria va abbandonata e l’esperimento è la base di una nuova teoria. Tutto ciò si trova in letteratura. Ma, a prescindere dalla fiducia o meno nella scienza sperimentale galileiana (è possibile che un medico-blogger non sia ancora aggiornato), nel pezzo del Di Grazia è contenuta una grave FALSITA’ là dove sostiene che “un prodotto per essere venduto come omeopatico non deve contenere più di un centesimo della più piccola dose utilizzata nelle medicine prescrivibili e quindi, per legge, non può essere venduto un prodotto che contenga un dosaggio di principio attivo farmacologicamente efficace”. Tale concetto stravolge non solo la logica scientifica (il fatto che un prodotto sia diluito 100 volte più di un medicinale “prescrivibile” non significa che sia inefficace!) ma persino la lettera della legge,. Infatti, la legge sui medicinali omeopatici non dice affatto questo! Essa dice che i medicinali devono essere diluiti (questo si), ma non si pronuncia sulla dose del principio attivo e men che meno sulla sua efficacia. Esistono dei medicinali omeopatici, anzi sono la maggior parte di quelli sul mercato, che contengono dosi ponderali di principi attivi e che sono stati dosati precisamente. Ad esempio, noi abbiamo usato il Gelsemium sempervirens e l’Arnica montana, certo efficaci in modelli sperimentali di laboratorio alla diluizione/dinamizzazione 5CH; tali prodotti contengono miliardi di molecole di gelsemina o sesquiterpeni rispettivamente, i noti principi attivi delle piante. Il testo del Di Grazia da voi pubblicato non è aggiornato sulla letteratura ed è errato anche nella lettera della legge, quindi è gravemente fuorviante per i lettori e i colleghi.

Scrive Di Grazia: “L’omeopatia funziona? Sebbene vi siano pubblicazioni di vari studi, allo stato attuale non ci sono prove scientifiche né plausibilità biologica che dimostrino la fondatezza delle teorie omeopatiche (quella dei simili, la succussione o l’utilità delle diluizioni per potenziare i rimedi) secondo i canoni classici della ricerca scientifica. Infatti, diversi studi condotti con una metodologia rigorosa hanno evidenziato che nessuna patologia ottiene miglioramenti o guarigioni grazie ai rimedi omeopatici. Nella migliore delle ipotesi gli effetti sono simili a quelli che si ottengono con un placebo (una sostanza inerte). D’altra parte sarebbero numerose le testimonianze personali che riferiscono di successi terapeutici dovuti all’omeopatia, ma questi potrebbero essere facilmente spiegabili con l’effetto placebo, con il normale decorso della malattia o con l’aspettativa del paziente. L’effetto placebo è conosciuto da tempo, ha una base neurofisiologica nota e funziona anche su animali e bambini, ma il suo uso in terapia è eticamente discutibile e oggetto di dibattito. D’altra parte, i presunti meccanismi di funzionamento dell’omeopatia sono contrari alle leggi della fisica e della chimica. Anche l’annuncio di un ricercatore francese di aver scoperto una prova dell’esistenza della “memoria dell’acqua”, nel 1988, venne smentito da un esperimento di controllo, mentre i suoi risultati non sono mai più stati riprodotti da altri laboratori. Lo studio, pubblicato su un’importante rivista scientifica, fu quindi ritirato. L’uso dell’omeopatia è un’abitudine molto limitata e in continua diminuzione, rappresenta infatti meno dell’uno per cento dei prodotti venduti in farmacia in Italia.”

Commento (PB): Innanzitutto si deve rilevare un grave difetto metodologico: quando la domanda è se un farmaco, o un metodo clinico, funziona, la risposta non si deve spostare sul meccanismo d’azione ma deve concernere le PROVE CLINICHE. Di questo il Di Grazia non parla. L’annosa storia della “memoria dell’acqua”, qui reiteratamente presentata in modo falso e fuorviante (ignorando tutte le prove biologiche e fisico-chimiche a favore, pubblicate da decine di gruppi tra cui almeno quattro di università italiane: Verona, Bologna, Napoli, Firenze), non ha nulla a che fare con la questione dell’efficacia clinica del medicinale. Questo vale per tutta la farmacologia e spiace doverlo ricordare proprio a chi si è fatto paladino della “medicina basata su prove di efficacia” (EBM). Inoltre, anche se si parla del “placebo”, bisogna fornire la PROVA, non basta dire la propria (facile) opinione basata sul senso comune. Nessuno (ovviamente) esclude che vi possa essere un effetto placebo, come in tutte le terapie mediche. Ma l’omeopatia NON E’ SOLO PLACEBO. Di fatto, l’ipotesi del placebo è stata confutata da innumerevoli articoli e quello famoso del Lancet del 2005, dove si assimilava l’omeopatia al placebo, non conteneva affatto tale prova. La conclusione tanto reclamizzata è stata poi smentita tre volte da esperti di epidemiologia. Infine, non è affatto vero che lo studio del 1988 fu “ritirato”. Semplicemente non è vero. Non so cos’altro si potrebbe rispondere a tali errori storici e metodologici, se non che quando uno non conosce la storia, dovrebbe astenersi dal commentarla.

Scrive Di Grazia: “L’omeopatia è sicura? Essendo una terapia basata su sostanze in quantità infinitesimali o inesistenti non vi sono rischi di effetti collaterali o pericolosi, ma sono comunque riportati eventi avversi gravi dovuti a errori di fabbricazione o contaminazione. Curare con la sola omeopatia malattie serie può inoltre esporre a problemi ulteriori, anche gravi, perché può ritardare il ricorso a medicine efficaci e curative.”

Commento (PB): Questa opinione è, nella prima parte, sbagliata e pericolosa. Infatti, non essendo vero che i prodotti omeopatici contengono sempre dosi “infinitesimali” (anzi, la maggior parte dei prodotti omeopatici contiene dosi ponderali di sostanze), non è neppure vero che non possono esservi effetti collaterali. Ma pure i medicinali in alte diluizioni/dinamizzazioni, essendo (contrariamente a quanto sostiene il Di Grazia) farmacologicamente attivi possono creare problemi se mal prescritti e soprattutto se auto-prescritti per molto tempo. Certo che l’uso scriteriato dell’omeopatia può “ritardare il ricorso a medicine efficaci”, ma questo problema riguarda qualsiasi uso scriteriato di qualsiasi farmaco, compresi gli antibiotici dati in eccesso per malattie virali o gli antidolorifici dati per calmare la cefalea in caso di tumori del cervello.

Scrive Di Grazia: “Come comportarsi e quali limiti? In Italia l’omeopatia può essere praticata solo da medici chirurghi abilitati alla professione. Questa norma non intende attribuire una base scientifica a questa pratica, ma solo garantire da una parte il diritto alla libertà di scelta terapeutica da parte del cittadino e dall’altro un uso integrativo e limitato alla cura di disturbi poco gravi e autolimitanti, evitando il rischio di ritardare una diagnosi più seria o che il paziente stesso sia sottratto a cure di provata efficacia. In ogni caso, il medico deve specificare che il prodotto non agisce su basi scientificamente provate e raccogliere il consenso da parte del cittadino, secondo quanto prescritto dall’articolo 15 del Codice di Deontologia Medica.”

Commento: Un approccio prudenziale è ovviamente corretto, ma qui si nasconde un’ulteriore falsità, “invenzione” dell’autore. Dove risulta che il medico “deve specificare che il prodotto non agisce su basi scientificamente provate”? Di fatto tale idea del Di Grazia non c’è in alcun documento della Federazione, né nel codice deontologico. Il dr. Di Grazia, non sapendo o non volendo ammettere che le basi dell’omeopatia sono scientificamente provate, si inventa persino cosa dovrebbe specificare il medico nel richiedere il consenso informato. Un medico che “specificasse” tale assurdità sarebbe semplicemente folle e, allora si, colpevole di malapratica. Pare persino impossibile che nel sito della FNOMCEO si possa leggere una panzana del genere. Forse l’autore confonde la pratica della medicina con l’etichetta del medicinale, là dove sta scritto che esso è stato registrato senza le prove di efficacia convenzionali (nel caso della registrazione cosiddetta “semplificata”, prevista per legge). Il che non significa, comunque, che non sia efficace o non ci siano prove scientifiche delle sue basi teoriche. Se uno fosse minimamente documentato, saprebbe che la registrazione “semplificata” degli omeopatici (una delle due procedure possibili ed in corso attualmente presso AIFA) è una “deroga” prevista dalla normativa europea. Forse vale la pena ricordare che tale deroga, curiosamente, si applica anche alla registrazione dei… vaccini!

“Cosa dice la Legge?” e “Cosa dice il Codice Deontologico?” Questi capitoletti non necessitano di alcuna replica perché non fanno che riferire le normative vigenti, fortunatamente senza commenti del dr. Di Grazia.

In conclusione, l’idea di fornire informazioni accessibili e scientificamente corrette è sicuramente lodevole, purché non si tramuti in censura delle opinioni diverse e soppressione del dibattito in medicina. Per non essere “sepolti” dalle bufale è importante è affidarsi a persone veramente esperte della materia.

Mi consenta di finire con una battuta. Avete scelto di affidare l’argomento non ai cultori della materia (omeopati, o ricercatori nel campo) ma ad un ginecologo, blogger ed esperto cacciatore di bufale. Potrebbe sembrare una buona idea, ma… attenzione ai “boomerang”: chi è tanto esperto a smascherare le bufale potrebbe essere altrettanto esperto a confezionarle.

Paolo Bellavite
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